MADONNA DELLA CAVA

madonna-della-cavaMADONNA DELLA CAVA

Cenni storici come riportati in addizioni del Sac. Vito Ingianni il 26 Aprile 1801 nella Storia di Marsala del Sac. Angelo Genna– (Pub. Società Patria Marsalese anno 1916 pag. 241 e seg.)

Lasciando stare il terremoto del 1751, ore 16, e del fuoco caduto il 1766 da cui fu liberata Marsala per Sua intercessione, pei quali ogni anno si celebra il triduo solenne con processione il 30-31 Agosto e il 1 Settembre, con suono delle campane alle 4 ore di notte: nel 1785 quando la Vergine della Cava si trovava nella Chiesa Madre per causa di siccità, per ottenere un buon raccolto, nel mese di Maggio e Giugno, dovendo per il 24 Giugno passare le 40 ore circolari alla Chiesa di S. Giov. Battista, fuori le mura, passarono invece a S. Pietro insieme col simulacro di Nostra Patrona,  dopochè si accordarono i due partiti quelli che brigavano per l’una e per l’altra Chiesa. Ne fu inteso il R. Governo; era per S. Giovanni il Marchese di Sanbuca Padrone ed Abate della Chiesa, cognato del Vescovo. Ma fu deciso dal Vescovo Papè in favore della Chiesa di San Pietro contro la volontà dell’Arciprete e dei PP. Agostiniani e del Magistrato, sotto i giurati Giuseppe Bitino Marchese, Vincenzo Palma, Paolo Laudicina e Nicolò Spanò. In Not. Vito Anca, Giugno 1785, esiste la protesta della Chiesa di S. Giovanni per la vertenza. Si nota che l’organo della Chiesa di Maria della Cava è opera di Gioacchino Caruso, di Salerno, tutto a spese del popolo e qualche aiuto del convento, sotto il P. Giuseppe Pace Agostiniano venuto in patria dagli studii, secondo gli atti stipulati in Not. G. Correale il 1788. Le colonne sotto l’organo sono del Cav. Girolamo Maggio sepolto nei sarcofaghi davanti la porta della Chiesa, i quali sono della medesima pietra. Nel 1792 si ottenne l’ufficio proprio coll’Ottava della Nostra Padrona: per impegno del divoto Nazario Regina sacerdote e Capp. Maggiore del collegio, Cav. Della città. La spesa fu di onze 60 che si coperse colle messe celebrate dai Sacerdoti, sotto il Vescovo Papè de Mazara che n’ottenne la grazia da Roma. Ne fu incaricato Francesco Tobia conventuale di Trapani poi vescovo nell’Arcipelago, onde fu eletta Padrona principale nel 1790 sotto i Giurati Ros. Lombardo, Mario Nuccio ed Ant. Sarzana che col Clero e i Regolari supplicarono il Papa Pio VI°  che concesse tutto dopo un anno col Breve e dove si nota la parola  civitas  detta alla nostra città. Il rescritto ha la data di Aprile 1791 firmato Card. Archinto Prefetto, e D. Coppola S. R. C. secretarius: ed abolì quello del 1728 secondo cui si faceva l’ufficio ad Nives. La prima volta si lesse l’ufficio nuovo nel 1792 sotto P. Tommaso Tomasi da Sciacca, alla messa novella del Sac. Andrea Perniciaro, assistendo il P. Regina, e il Magistrato con il Panegirico recitato da Domenico Di Gregorio O.P. da Sciacca, sul tema Fiat Lux e il nuovo ufficio era una nuova luce di Gloria a Maria.   L’uso di entrare nel Collegio la Processione di Maria della Cava è per gratitudine al P. Regina promotore del nuovo ufficio. Nel 1794, 4 Settembre alle ore 11 avvenne il terremoto, per cui il Magistrato ordinò un triduo solenne alla Vergine, e processione La domenica seguente dalle ore 22 alle 2 di notte, seguendo le dame il simulacro. Era capitano Mario Nuccio. Il 6 Gennaio 1795 fu invitato a far Pontificale in Marsala il 19 Gennaio per la Chiesa della Cava il Vescovo O. Torre che venne qui solennemente; sotto il Priore T. Cortese Ag. Da Troina, e il capitano Mariano Montalto, Giurati Ben. Ienna, G. Grignani, V. Regina e Rocco Montalto. Il Prelato si fece trovare alla Chiesa del Collegio donde partì insieme al Magistrato, il cocchio. Il Panegirico fu detto dal Sac. Vito Ingianni; assisterono il Vescovo i Can. Gaspare Alagna, Pietro Sarzana, Ignazio Pipitone, Gaspare Mannone, Leonardo Montalto. La rosa che di secca divenne fresca, al tocco delle acque della Madonna, la visione di una testa di nemico che tenea in mano la Vergine invece delle chiavi poste nell’occasione della invasione dell’armata nemica nel 1799, per sovvertire la religione ch’è il pane delle anime furono confermate dal popolo, dalle monache di allora, dal Par. Giovanni Fici, e Giovanni Morana visitatore, dai Religiosi, sotto l’Ag. Ros. Lainez. Portata la notizia al Vescovo di Mazara: il quale ordinò un processo fatto dal Tancredi orefice della corona gemmata dono di Spanò, Sac. Rocco Distefano, Mario Marchese Bitino Capitano e dei PP Agostiniani dopo il ricorso che fecero al Cav. Lavagi, per il loro intevento negato in persona di Emanuele Favara da Salemi Priore, e Giuseppe Greco Mario.

Erano giurati Mario Montalto, Spanò Francesco, Marini Grignano, Nicola Spanò ed Angiolo , Rocco Italia Montalto. Il Commissario avea stabilito che si fosse restituita al convento l’immagine per finire la lite: ma il popolo non volle e rimase in S. Pietro, anzi corse voce che fosse andata alla Madrice e non più alla chiesa, per il troppo zelo dei Padri Agostiniani ad assistere alla visita del simulacro ordinato dal Vescovo in seguito alla visione che più non fu vista.  Ma i PP. Ricorsero di nuovo ed ottennero tre dispacci relativi alla restituzione del simulacro, a pagare le spese occorsero, alla processione da farsi per lo scopo, essendo badessa D. Geltrude Milo d’accordo col capitano Mario March. Bitino, pregato dal commissario generale a fare finire la controversia.

La Madonna tornò al PP. colla somma di onze 4 pagate per le spese. Il ritorno stabilito per il 19 Gennaio, e differito al 19 Aprile F. II dopo Pasqua, a motivo di abbondanti pioggie non si potè fare che dopo il raccolto, essendo badessa Di Paola Angileri. La città dopo il 1793 fino al 1802 era irrequieta per la imposizione non dovuta della gabella di tarì 6 per ogni quintale di olio, credendosi esente per i servigi fatti alla Corona, come lo provavano i ministri  al tribunale; onde citò Marsala il Fisco e la R. Corte, e come al 1745 pose questa causa sotto la protezione d Maria SS. De la Cava. I denari erano sborsati da chi avea il trapeto alla ragione di onze 1 per ogni vite: dagli altri tre tarì per ogni 100 ulivi. E si raccolsero onze 150, che si diedero al Notaro Michele Angileri, dal Sac. Zaccaria Vinci, e dal patrizio Mario Nuccio per trattare la causa a Palermo col Tribunale del R. Patrimonio come aveano fatto al 1728, ed al 1705. Per il ritorno dello Angileri da Palermo dopo 4 mesi le cose procedevano lente, benché le carte presentate erano troppo chiare in favore di Marsala, ed il Tribunale non avea ordinato la pronta esazione della gabella al segreto col rigore di prima. Intanto Marsala avea speso onze 80, e il Nuccio avea in cassa altre onze 70, le quali per ordine del Commissario Generale nel 1799 passarono ad impinguare il Monte di Pietà, che si stava stabilendo per dare denaro al 5%, col pegno corrispondente: e tardando, al mese di Novembre 1801 fu rimandato a Palermo l’Angileri con onze 20 per il disbrigo della causa; tanto più che era stato ordinato al R. Segreto di Trapani per il 1801 di esigere la gabella sull’olio, escludendo il segreto lilibetano, ed essendo il popolo noiato delle visite dei confidenti e custodi del Governo che giravano armati ed a cavallo la contrada. Assistevano la causa oltre i Giurati surriferiti, col Sindaco, il Sac. Vito Giacalone, Angelo Gentile, Francesco Di Pasquale e not. Ant. Zerilli: e per gli atti di Not. Giovanni Grassellino riprotestarono i Giurati contro il Segreto di Trapani, di non volere rinunziare ai diritti di sua franchigia. Intanto da Andrea Giacalone si offerivano onze 16 all’anno come gabella, e per 4 anni fu accettata dal R. Patrimonio, avendo fatto spese per le subaste in Palermo e in Marsala per onze 30.

Le carte degli avvocati Lilibetani portavano lo stemma di Maria della Cava, e quando fu stabilita la trattazione per il 9 Marzo 1802 si fecero tridui e preghiere continue alla sua chiesa per ottenere la grazia e ciò in vario tempo fino ai 6 Dicembre: e il giorno 8 arriva da porticella un pedone da Palermo con un plico al Sindaco colla scritta: Procedat petitio civitatis Marsaliae salvis  Juribus in nuovo petitorio. Esultò Marsala, facendo anche la così detta furgeggia, oltre il triduo di ringraziamento. Di che trasecolò il pedone. Dopo ciò si fece istanza per il rimborso delle somme indebitamente esatte cioè onze 52 e l’Avv. Fiscale rispose: expostulatam restitutionem non contendimus utpote sententiae Tribunalis nuper prolatae innixam. Gli atti di tutto sono in not. Pietro Pipitone e Ant. Zerilli dove è l’apoca delle onze 52. La spesa per il sostenimento di quella causa arrivò fino ad onze 400. I PP: Agostiniani deliberarono nel 1795 di intervenire alla processione di Maria della Cava senza cera, mentre prima l’aveano portata, e nel 1785 aveano abolito il giardino riducendolo a magazzini di pigione stipolando atti soggiogatori tra il P. Anselmo Giuseppe priore, e Nicola Gentile conforme i conventuali e carmelitani. Si notano tra gl’illustri Agostiniani il P.M. Vincenzo Barraco Teologo; studiò in Siena sotto Domizio Latta provinciale, e Gaetano Garrasi Arcivescovo di Messina, morto nel 1776. P.M. Nicolò Alagna professava filosofia e teologia nel collegio di Marsala, morì Novembre 1795. Alberto Barraco godeva privilegi di Maestro, non avendone ottenuti i titoli perché si turbava negli esami: fu priore del convento di Siracusa, morì in Gennaio 1790. Il P.M. Giuseppe Pace decorò tutti a Venezia e Messina: professò filosofia qui dal 1785-1793: poi andò ad aiutare in Messina l’Arcivescovo suo correligioso, leggendo domma al Seminario. Promosse la divisione dei 7 sabati solenni a Maria della Cava nel 1795, il fratello di Lui P. Giacomo Pace, abile economo del convento a Messina. Nel 1795 esiste un atto in Not. Pietro Pipitone col quale Giovanni Grignano capitano di Giustizia per incarico del governo e d’accordo col vescovo di Mazara consegna al Monarca per le necessità del Regno oggetti d’oro e d’argento delle chiese e conventi, esclusi quelli addetti al servizio divino ricevendone come la congrega del Purgatorio onze 12 annuali per una ninfa d’argento a 24 lumi.